In una rivolta sismica che sta dilaniando il cuore degli sport d’élite, la delegazione di atletica femminile ai Campionati del Mondo di atletica leggera ha scatenato il caos annunciando un boicottaggio totale, colpendo gli organizzatori con una causa esplosiva e chiedendo l’immediata cancellazione di tutti i risultati legati alla controversa velocista transgender Valentina Petrillo. La 51enne paralimpica italiana, che ha intrapreso la transizione nel 2019 dopo aver dominato l’atletica paralimpica maschile con 11 titoli nazionali, è diventata il bersaglio di una tempesta di fuoco contro l’equità, la biologia e l’anima dello sport femminile. Con le migliori stelle femminili che si rifiutano di seguire la linea, il torneo è sull’orlo del collasso totale – e il mondo la guarda con orrore e stupore!

L’annuncio esplosivo è stato sferrato come un tuono durante l’accesa conferenza stampa di giovedì, poche ore dopo che Petrillo aveva segnato un incredibile 58.92 nella batteria femminile dei 400 metri T12, un tempo che ha limato secondi dal suo record personale post-transizione, ma ha riacceso accesi dibattiti sulla sua corsa alle Paralimpiadi di Parigi 2024, dove ha conquistato bronzi e scatenato grida di “vantaggio ingiusto”. Guidato da una coalizione di 22 atlete d’élite provenienti da Stati Uniti, Regno Unito, Kenya e Australia, tra cui medaglie olimpiche come Sha’Carri Richardson e Keely Hodgkinson, il gruppo ha criticato World Athletics per aver “tradito le donne biologiche” consentendo a Petrillo, nato maschio come Fabrizio Petrillo e affetto dalla malattia agli occhi di Stargardt, di competere secondo regole femminili nonostante i livelli di testosterone soppressi. “Abbiamo lottato troppo duramente per questo spazio per lasciare che la fisiologia maschile ci rubi il podio”, ha ruggito Richardson, con la voce tremante di rabbia sotto i flash delle telecamere. “Boicottate subito, o l’atletica femminile morirà!”

La causa, depositata presso il Tribunale Distrettuale di Tokyo e sostenuta dall’Independent Council on Women’s Sports (ICONS), accusa gli organizzatori di aver violato gli standard internazionali di fair play equivalenti al Titolo IX, chiedendo un risarcimento danni di 50 milioni di dollari e un’ingiunzione per cancellare retroattivamente le iscrizioni di Petrillo. Facendo eco a un’ondata di divieti dell’USOPC e di ordini esecutivi dell’era Trump che hanno escluso le donne trans dalle categorie femminili d’élite all’inizio di quest’anno, la causa sostiene che la pubertà maschile pre-transizione di Petrillo garantisce “vantaggi insormontabili” in velocità e potenza, supportati da dati che mostrano che i suoi tempi dell’era maschile (ad esempio, 54.00 secondi nelle qualificazioni sui 400 metri) surclassano di gran lunga gli standard paralimpici femminili. I manifestanti fuori dallo Stadio Nazionale hanno scandito “Fair Play or No Play!” mentre i social media esplodevano, con l’hashtag #BoycottPetrillo che raggiungeva i 2 milioni di post in poche ore, unendo il sostegno dei sostenitori dei diritti delle donne alla reazione negativa degli alleati LGBTQ+ che denunciavano “l’isteria alimentata dall’odio”.

La World Athletics è in piena crisi: i dirigenti si sono riuniti in sessioni di emergenza, ritardando di 48 ore la finale femminile dei 200 metri, tra voci di una chiusura totale se il boicottaggio dovesse aumentare. “Siamo impegnati per l’inclusione, ma la sicurezza prima di tutto”, ha balbettato un rappresentante sotto shock, mentre le corsie vuote si profilavano all’orizzonte durante le prove. Petrillo, rintanato nel villaggio degli atleti, ha risposto su Instagram: “Questo non è sport; è una caccia alle streghe. Mi sono guadagnata ogni passo come Valentina”. La sua storia – da emarginata di Napoli a icona trans pioniera – ora alimenta un inferno culturale, che rispecchia la saga NCAA di Lia Thomas che ha dato vita a class action multimilionarie.
Mentre i campionati – già scossi dalla tragica caduta di Peruth Chemutai – sono appesi a un filo, questo boicottaggio non è solo una protesta; è una resa dei conti. Gli organizzatori cederanno o i campi femminili si svuoteranno? Le conseguenze potrebbero riscrivere per sempre la politica sportiva globale. Tifosi, fate sentire la vostra voce: è giustizia o divisione? Condividete qui sotto!