Il 16 ottobre 1988, la ventenne studentessa di botanica Caroline Foster partì per un’escursione sull’Alam Cave Trail nel Parco Nazionale delle Great Smoky Mountains. Armata di esperienza alpinistica e di un piano per raccogliere campioni di piante, Caroline lasciò la sua casa a Knoxville, nel Tennessee, e confermò alla madre alle 9:15 di aver raggiunto l’inizio del sentiero. Quella fu l’ultima volta che qualcuno ebbe sue notizie. Trovarono il suo zaino e il suo telefono nell’auto chiusa a chiave nel parcheggio: un dettaglio raro per una persona così ben preparata.
Furono condotte ricerche su larga scala nel parco per due settimane, ma di Caroline non fu trovata alcuna traccia. Il caso si bloccò dopo 19 mesi senza alcuna pista, lasciando la famiglia nell’incertezza. “Non sapere cosa fosse successo a mia figlia era un tormento quotidiano”, confessò sua madre, Margaret Foster, in un’intervista del 1999.
Il 20 maggio 2000, un gruppo di speleologi scoprì qualcosa di inquietante in una zona remota: un altare di legno con una lastra di pietra su cui giaceva un corpo umano, conservato in uno spesso strato di resina ambrata, come un sarcofago naturale. Le analisi dentali e del DNA confermarono che si trattava di Caroline Foster. La resina, che l’analisi del polline indicava essere stata applicata a strati nell’arco di quasi 19 mesi, indicava un rituale accurato. Un’autopsia rivelò che Caroline morì per strangolamento con una corda di cuoio.
L’indagine ha suggerito che il creatore dell’altare fosse un eremita solitario con abilità di sopravvivenza in montagna. Testimoni presenti sul posto hanno parlato di un individuo che viveva illegalmente nel parco dall’inizio degli anni ’90 ed era noto per incidere simboli circolari con una croce sugli alberi. “Era una figura inquietante, qualcuno che sembrava appartenere più alla foresta che alla civiltà”, ha riferito un guardaparco nel 2001.
Una capanna abbandonata scoperta dopo la scoperta conteneva utensili e resina identici a quelli rinvenuti nel corpo di Caroline. Il DNA raccolto dalla capanna non corrispondeva ai registri della polizia o dell’esercito, ma era collegato al discendente di una famiglia la cui terra era stata espropriata per creare il parco. Quest’uomo, affermano i ricercatori, considerava la foresta il suo dominio e Caroline un’intrusa. Sebbene presumibilmente sia morto o scomparso negli anni ’90, il rituale della resina è continuato fino al 2000, il che suggerisce l’esistenza di un altro rifugio sconosciuto.
Il caso fu chiuso nel 2002 senza alcun arresto perché il sospettato era scomparso. “Ritrovare Caroline fu un sollievo, ma non ci fu giustizia”, disse la madre. Questo caso, che esplora la tensione tra umanità e natura, lasciò un segno indelebile: un cadavere conservato nella resina, testimone di un oscuro rituale nelle profondità delle Smoky Mountains.