MA COME HAI GIOCATO? ABBIAMO PERSO PERCHÉ AVEVAMO PAURA DEL MILAN O PERCHÉ SEI STATO TU A FAR CROLLARE TUTTA LA SQUADRA?” Un urlo, dicono, che ha tagliato l’aria dello spogliatoio come una lama. Marcus Thuram, fuori di sé dalla rabbia e impossibilitato a trattenere la frustrazione accumulata nelle ultime settimane, avrebbe puntato il dito dritto nella faccia di Hakan Çalhanoğlu, scandendo ogni sillaba come un’accusa pesante. Il silenzio immediatamente calato attorno a lui è stato quasi irreale: nessuno dei presenti ha osato muoversi, nessuno ha avuto il coraggio di contraddirlo. Erano tutti lì, immobili, a guardare una scena che raccontava molto più di qualunque discorso ufficiale: un’Inter logorata dentro, incrinata nel cuore e nel carattere, molto prima ancora che nel risultato sul campo.

Il gesto di Thuram non è stato l’unico segnale di una squadra in ebollizione. Pochi istanti dopo, è stato Cristian Chivu a perdere completamente la calma. Il tecnico, già sotto pressione da settimane, ha scagliato la lavagna tattica sulla panchina con un gesto che ha fatto sobbalzare anche i membri dello staff più abituati alla tensione. Poi, con lo sguardo acceso e la voce ferma, avrebbe pronunciato tre frasi secche, dirette a quel gruppo di giocatori che lui stesso ha definito “senza fuoco”, spenti, incapaci di mantenere la concentrazione e di imporre la propria identità nelle sfide più delicate. Un’accusa pesante che non ha risparmiato nessuno: né Çalhanoğlu, al centro delle critiche da settimane, né un altro titolare considerato colonna portante dell’Inter.
Le sei partite consecutive in cui il Milan è riuscito a “prenderli per il naso”, come ha detto qualcuno all’interno della dirigenza, rappresentano il simbolo di un dominio psicologico che ha toccato corde profondissime. Non è soltanto una questione di risultati: è la sensazione, palpabile, che ogni volta che i Rossoneri scendono in campo contro l’Inter lo facciano con la certezza di essere la squadra più sicura, più convinta, più famelica. Una consapevolezza che si è trasformata in ombra lunga, avvolgendo i nerazzurri in una spirale di insicurezze da cui non riescono a uscire.

Il Milan, dall’altra parte, cavalca un momento di forma che sembra non conoscere pause. La sua serie di imbattibilità ha assunto i contorni di un incubo per l’Inter, che entra in campo già psicologicamente condizionata, quasi bloccata, come se aspettasse il colpo fatale invece di evitarlo. Ogni duello sembra perso in partenza, ogni errore pesa il doppio perché commesso sotto lo sguardo di un avversario che, al contrario, non sbaglia mai le partite importanti. È questa dinamica, più che il divario tecnico, ad aver creato la frattura interna esplosa nelle ultime ore.
Le parole forti volate nello spogliatoio, per quanto dure, sembrano essere lo specchio fedele dello stato emotivo della squadra. Thuram ha voluto scardinare il silenzio e l’indifferenza apparente che da settimane accompagnano le prestazioni dei suoi compagni. Chivu, dal canto suo, ha tentato di scuotere l’ambiente usando un linguaggio diretto, quasi brutale, che però rispecchia la gravità del momento. Non si tratta più di correggere un modulo o di registrare una fase difensiva: si tratta di ricostruire la mentalità di un gruppo che appare svuotato, incapace di reagire, vittima di una certa passività emotiva che in passato era estranea alla storia del club.

E mentre a Milano sponda rossonera si respira entusiasmo e fiducia, dall’altra parte del Naviglio tutto sembra muoversi in un’atmosfera pesante, come se ogni risultato negativo aggiungesse un ulteriore mattone sulle spalle di una squadra già piegata. Da settimane, i tifosi si chiedono quale sia la vera Inter: quella scintillante a tratti, capace di picchi di gioco entusiasmanti, o quella spenta, timorosa, che crolla nei momenti decisivi? La risposta, per ora, sembra più vicina alla seconda ipotesi. E proprio per questo lo sfogo di Thuram potrebbe essere interpretato come l’unico tentativo reale di scuotere le fondamenta del gruppo.
Alla fine, ciò che resta non è il rumore di un litigio, ma la fotografia di una squadra che ha bisogno di ritrovare se stessa. Il Milan continuerà a correre, come ha sempre fatto nelle ultime settimane. L’Inter, invece, dovrà decidere se lasciarsi schiacciare da un’ombra diventata soffocante o se trasformare la rabbia esplosa nello spogliatoio in un nuovo punto di partenza. Perché il calcio, come la storia insegna, è fatto di crolli improvvisi ma anche di rinascite altrettanto sorprendenti. E ora tocca all’Inter scegliere da che parte stare.