Per secoli, l’immagine del guerriero vichingo è stata avvolta da mistero, brutalità e un’aura quasi mitologica. Ma tra tutte le storie tradizionali sul popolo norreno, nessuna ha diffuso più terrore della leggenda del “Blutadler”, un metodo di esecuzione così sadico che molti storici si rifiutarono di crederne l’effettiva attuazione. Era una pratica reale o semplicemente un oscuro monito tramandato di generazione in generazione? La risposta potrebbe cambiare radicalmente la nostra immagine dei Vichinghi e della natura umana.

Secondo le antiche saghe scandinave, la schiena della vittima veniva spaccata con un’ascia nel “blutadler”, le costole rotte e i polmoni stirati a formare ali sanguinanti. Tutto ciò avveniva in un corpo animato per infliggere il massimo dolore possibile alla vittima, come punizione o vittima rituale. Queste torture venivano spesso eseguite da re nemici o da coloro che offendevano l’onore dei Vichinghi. Ma la domanda che ha diviso archeologi ed esperti è: è stato fatto davvero? O era solo una metafora divenuta leggenda?
Nuovi studi del 2025 hanno respinto il dibattito. Un team interdisciplinare di antropologi forensi ed esperti di letteratura norrena ha analizzato i resti scheletrici di guerrieri giustiziati in Islanda e Norvegia e ha trovato tagli simmetrici sulle costole posteriori che corrispondono alle descrizioni della saga. Sebbene non vi siano prove conclusive dell’asportazione dei polmoni, la tipologia dei danni indica un’insolita violenza ritualizzata. I ricercatori esitano ad affermare con certezza che si tratti di un “Bloodblyler”, ma non lo escludono nemmeno. Il silenzio storico, sostengono, potrebbe essere dovuto alla crudeltà della scrittura stessa piuttosto che alla sua inesistenza.
Ma anche se le prove fisiche rimangono controverse, il potere simbolico della storia rimane intatto. Come quelle di Ragnar Lodbrok, descrivono con raccapricciante dettaglio come questa punizione fu inflitta ai loro nemici. L’idea dell'”aquila” come simbolo di punizione divina, di giustizia suprema, suggerisce che il suo scopo, reale o meno, fosse quello di diffondere il terrore. E ci riuscì. Ancora oggi, a più di mille anni di distanza, la sola menzione del rituale provoca una cascata di shock lungo il sedere.
La possibilità che i Vichinghi, una delle culture più ammirate per la sua arte marinara e la sua mitologia, usassero pratiche così brutali ci costringe a guardare oltre il romanticismo. Forse il “Blutadler” è una di quelle verità che feriscono più della finzione. E forse, come per molte leggende, il suo impatto non sta solo nel fatto che sia realmente accaduto… ma in ciò che rivela sul lato oscuro dell’umanità.