Terremoto Politico: Calenda firma con Meloni. L’accordo segreto che umilia Schlein e azzera il PD

Signore e signori, quello a cui stiamo assistendo non è un semplice riposizionamento politico. È un terremoto. Un evento sismico che sta ridisegnando la mappa del potere italiano con una mossa così audace, così improvvisa, da lasciare a bocca aperta analisti, alleati e avversari. La notizia è di quelle che fanno tremare i palazzi: Carlo Calenda, il paladino del centrismo riformista, l’uomo che ha costruito la sua intera narrazione politica sull’opposizione ai “populisti” e ai “sovranisti”, ha firmato un patto ufficiale con Giorgia Meloni.
Sì, avete capito bene. Non un’intesa tecnica, non un voto di cortesia. Un accordo strategico, benedetto da Palazzo Chigi, che segna un’alleanza di fatto su temi chiave e che, come effetto collaterale immediato, sta causando l’implosione del Partito Democratico.
Quello che fino a poche ore fa sembrava fantapolitica è ora cronaca. Un patto che, secondo fonti vicine al dossier, verte su tre pilastri incandescenti: la riforma della giustizia, una nuova legge elettorale e la sburocratizzazione del Paese. In una conferenza stampa congiunta, convocata con meno di 24 ore di preavviso, i due leader, fianco a fianco, hanno tentato di dare una veste istituzionale a quello che molti, a sinistra, già chiamano “il grande tradimento”.
“Non ci unisce un’ideologia”, ha dichiarato Calenda con sguardo deciso, “ci unisce la volontà di fare ciò che il Parlamento non ha mai avuto il coraggio di fare”. Parole che suonano come una giustificazione pragmatica, ma che per il campo progressista hanno il sapore amaro della resa.
Ma è al Nazareno, nel quartier generale del Partito Democratico, che questa notizia è esplosa come una bomba ad altissimo potenziale. Il PD è nel caos più totale. La segretaria Elly Schlein, visibilmente irritata e colta alla sprovvista, ha convocato d’urgenza la direzione nazionale. Le sue parole, durissime, non lasciano spazio a interpretazioni: “Questa è una deriva opportunista, una pagina nera per la politica italiana. Calenda ha svenduto ogni principio”.
La rabbia della Schlein, tuttavia, nasconde un panico più profondo. L’accordo Calenda-Meloni non è solo uno schiaffo politico, è un’umiliazione strategica. Dimostra l’incapacità del PD di costruire un fronte, di essere attrattivo, di dettare l’agenda. Mentre Schlein cercava di unire i frammenti di un’opposizione litigiosa, Calenda ha guardato altrove, direttamente alla stanza dei bottoni.

Il dramma del PD è palpabile. Stefano Bonaccini, finora rimasto in relativo silenzio, ha rotto gli indugi con una dichiarazione che suona come un allarme rosso: “Se non reagiamo subito, saremo cancellati”. La base è confusa, i parlamentari in fibrillazione. Si parla di uno svuotamento morale, di giovani iscritti pronti a fuggire e di un congresso straordinario già richiesto a mezza voce.
Ma se Atene piange, Sparta non ride del tutto. O meglio, festeggia, ma con una nota di cautela. Per Giorgia Meloni, questa mossa è un capolavoro di strategia. Accerchiata da una destra interna non sempre facile da gestire e sotto osservazione in Europa, la premier aveva bisogno di una mossa per spezzare la narrazione dell’estremismo. Alleandosi con Calenda, la Meloni si presenta a Bruxelles non più come una leader “pericolosa”, ma come una figura istituzionale capace di dialogare, di costruire, di attrarre i moderati. È la sua assicurazione sulla vita politica a livello internazionale.
Durante un incontro a porte chiuse, la premier avrebbe confidato ai vertici di Fratelli d’Italia: “Questo è solo l’inizio. Stiamo costruendo qualcosa che durerà 10 anni. Lasciamo che si scannino tra loro”. Un piano gelido, lucido, inaspettato.
Tuttavia, non tutti in Fratelli d’Italia brindano senza riserve. Il prezzo di questa moderazione potrebbe essere l’anima stessa del partito. È stato Guido Crosetto, fondatore storico del movimento e figura di peso, a lanciare l’avvertimento più glaciale. Un commento che pesa come un macigno: “Quando apri le porte a chi ieri ti accusava di fascismo, devi stare attenta a non perdere te stessa”. Una stoccata che rivela una tensione sotterranea: fino a che punto ci si può “centrare” senza tradire la propria base? Meloni sta giocando una partita rischiosa, bilanciando il pragmatismo di governo con l’identità che l’ha portata a Palazzo Chigi.
E Calenda? Qual è la logica dietro la sua mossa apparentemente suicida? Per mesi, il leader di Azione si è scagliato contro la destra, definendola “incapace” e “populista”. Ora, diventa il suo alleato più strategico. La verità è che Calenda ha trovato nel governo un trampolino per riaffermarsi. Isolato all’opposizione, ha scelto la via della rilevanza. Il suo obiettivo non è più vincere contro la destra, ma contare dentro il sistema, incidendo sulle riforme che ha sempre sbandierato. È una scommessa enorme: i suoi elettori lo seguiranno su questa strada o lo bolleranno come un opportunista?
La vera partita, però, si gioca sul futuro. Questo accordo non è un episodio isolato; è l’inizio di una rivoluzione tettonica nel sistema dei partiti italiani. I sondaggi riservati che circolano già nei palazzi parlano chiaro: il nuovo asse Meloni-Calenda, se dovesse consolidarsi, potrebbe valere tra il 30 e il 35 per cento, prosciugando consensi sia a destra che (soprattutto) al centro.

Ma c’è di più. Si mormora di un “terzo atto” della saga. Di un “maxi centro” che potrebbe nascere da questa alleanza, unendo Azione, pezzi di Forza Italia e, forse, persino Italia Viva di Matteo Renzi (con cui, si dice, le telefonate siano frequenti). Se questo scenario dovesse concretizzarsi, il centrosinistra a guida PD resterebbe inchiodato sotto il 20%. Sarebbe la sua fine politica, la sua cancellazione.
“È finita”, ha confidato una fonte Dem anonima, “e il bello è che ci hanno fatto fuori con una stretta di mano”.
La conferenza stampa congiunta ha sigillato l’impensabile. La politica italiana ha voltato pagina in una notte. Ma la domanda che tutti si pongono è: questo matrimonio di interesse durerà? O le ambizioni e le differenze ideologiche lo faranno esplodere prima ancora di iniziare?
Una cosa è certa: la vecchia politica italiana, quella degli schieramenti bloccati e delle ideologie pure, è morta ieri. Uccisa da un patto spregiudicato, da una stretta di mano che vale più di mille comizi. Il caos è appena cominciato.