L’annuncio che Giorgia Meloni, il Primo Ministro italiano, ha posto il veto al piano finanziario dell’Unione Europea da 1,2 trilioni di euro per il periodo 2026-2032 ha scosso l’intera Unione Europea. Quella che è stata definita come una “bomba atomica” nel cuore dell’Europa non è stata solo una mossa politica, ma una dichiarazione di guerra da parte di un nazionalista deciso a sfidare l’utopia di un’Europa centralizzata e unita sotto un governo federale. Questo colpo devastante ha messo in crisi il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) proposto da Ursula von der Leyen, la Presidente della Commissione Europea, e ha fatto crollare le ambizioni di Bruxelles di consolidare una maggiore centralizzazione del potere nelle mani delle istituzioni europee.

Il piano finanziario dell’UE, che era stato concepito come un capolavoro di von der Leyen, si proponeva di finanziare una serie di iniziative cruciali per il futuro dell’Europa, tra cui la transizione verde e digitale, la protezione delle frontiere e la gestione dei fondi per i paesi membri. Meloni, tuttavia, ha visto in questo piano un pericolo per l’Italia, accusando l’UE di voler dirottare i fondi dei contribuenti italiani per finanziare progetti che non rispondono alle reali necessità del paese. In particolare, la Premier ha duramente criticato l’allocazione di fondi per la “rivoluzione verde”, sostenendo che tali risorse venivano sprecate in progetti poco efficaci, come turbine eoliche tedesche e pannelli solari francesi, mentre l’Italia affrontava gravi emergenze, come i devastanti incendi in Sicilia.

Il veto posto da Meloni è stato un atto di sfida alla Commissione Europea, e ha congelato miliardi di euro destinati all’Italia. Il piano, che doveva essere un simbolo di unità e solidarietà europea, è stato visto dalla Premier come una trappola, un tentativo di imporre una visione politica che non rispecchia le priorità italiane. Con un’azione unilaterale, Meloni ha dichiarato che non avrebbe permesso che l’Italia fosse vincolata a un piano finanziario che non rispettava le sue esigenze, soprattutto in un periodo segnato dalla crisi migratoria che il paese sta affrontando in prima linea. Nonostante i 15 miliardi di euro previsti per i meccanismi di solidarietà europea, Meloni ha accusato l’UE di finanziare ONG che, a suo dire, “noleggiano barche” e “alimentano il traffico di esseri umani” mentre le isole italiane sono soffocate dalla pressione migratoria.
La decisione di bloccare il piano dell’UE ha avuto ripercussioni immediate anche sul futuro dell’ambizioso progetto climatico europeo, che prevedeva un investimento di 450 miliardi di euro per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Meloni ha liquidato questo progetto come una “fantasia fallita”, mettendo in evidenza i fallimenti e le inefficienze che, secondo lei, caratterizzano la gestione dei fondi verdi. Un audit del 2024 aveva infatti rivelato che circa il 30% dei sussidi per la transizione energetica veniva sprecato, finendo nelle mani di consulenti e amici di politici, piuttosto che in progetti efficaci per la lotta al cambiamento climatico. Questo ha ulteriormente indebolito la posizione della Commissione, che ora si trova a dover fare i conti con una crisi interna senza precedenti.
Il veto di Meloni, paradossalmente, blocca anche 22 miliardi di euro che l’Italia avrebbe dovuto ricevere per finanziare le proprie infrastrutture nazionali. Tuttavia, la mossa non è da considerarsi solo come un atto di ostilità, ma anche come una scommessa audace, una spinta per costringere Bruxelles a rinegoziare alcuni punti chiave del piano, come le quote migratorie e la destinazione dei fondi. Meloni ha chiesto esplicitamente che vengano ridistribuiti i fondi in modo che possano rispondere alle necessità immediate dell’Italia, senza dover subire il peso delle politiche europee che considera dannose per il paese.
La reazione di Ursula von der Leyen, la Presidente della Commissione Europea, è stata altrettanto forte. Descritta da alcuni come una “pantera in gabbia”, von der Leyen ha visto la sua autorità vacillare dopo questa sconfitta politica. Le sue ambizioni di consolidare un’Europa più federale, più unita e sotto il controllo delle istituzioni europee sono state seriamente minate dal veto di Meloni, che ha portato al caos nei corridoi di Bruxelles. La crisi che ne è seguita ha messo in luce le divisioni interne all’Unione Europea, con molti eurodeputati che temono che l’Italia possa essere il primo domino a cadere, seguito da altri paesi membri che potrebbero seguire l’esempio di Meloni e mettere in discussione il progetto europeo.