đź’Ą BUONE NOTIZIE: La comunità dei fan è rimasta senza parole davanti alla decisione inaspettata di Tadej PogaÄŤar: la sua Fondazione ha aumentato le borse di studio per i bambini malati di cancro da 10 a 35, per una ragione che ha commosso profondamente chiunque l’abbia ascoltata. Leggendo la storia di ciascun bambino, PogaÄŤar non ha potuto dire di no — e il momento in cui ha rivelato il vero motivo ha fatto calare un silenzio totale nell’intera sala.

Era il 17 novembre 2025. In una sala conferenze di Lubiana, piena di giornalisti e tifosi, Tadej PogaÄŤar è entrato con la solita felpa grigia e il sorriso timido. Nessuno si aspettava ciò che sarebbe successo di lì a pochi minuti.
La Fondazione Pogi’s Foundation, nata appena un anno fa, aveva annunciato borse di studio per 10 bambini sloveni sopravvissuti al cancro. Un progetto già bellissimo, ma considerato “realistico” per le dimensioni della struttura.
Poi Tadej ha preso il microfono. Ha detto che il comitato aveva ricevuto 68 candidature complete. Ogni cartella conteneva foto, lettere dei medici, disegni dei bambini e racconti delle famiglie.
Ha aperto la prima cartella sul tavolo. “Questa è Ana, 9 anni, leucemia linfoblastica. Ha ricominciato la scuola a settembre e vuole diventare veterinaria.” Ha girato pagina. “Questo è Luka, 12 anni, osteosarcoma. Ha perso una gamba ma gioca ancora a basket con le stampelle.”
Una dopo l’altra, ha letto 35 nomi. Non si è fermato. La sala era già silenziosa, ma quando è arrivato al bambino numero 27 qualcosa è cambiato. “Matija, 7 anni.” Voce incrinata. “Ha lo stesso tumore che aveva la mamma di Urška.”
Urška Ĺ˝igart, la sua fidanzata, era seduta in prima fila e ha abbassato lo sguardo. Tadej ha chiuso la cartella. “Non potevo scegliere solo 10 bambini. Non dopo aver letto queste storie. Non dopo aver visto le foto di Matija con lo stesso sorriso della suocera che non c’è più.”
Un respiro profondo. “Quindi non saranno 10 borse di studio. Saranno 35. Tutte. Fino all’ultimo bambino che ha fatto domanda.” Nella sala è sceso un silenzio assoluto. Qualcuno ha iniziato a piangere piano.
Ha proseguito: “Non è carità. È giustizia. Questi bambini hanno già combattuto la loro Tour de France. Io posso solo dare una piccola salita in meno.”
I giornalisti, abituati alle conferenze post-gara, erano ammutoliti. Nessuno ha fatto domande per quasi un minuto. Poi è scoppiato l’applauso, lungo, spontaneo, interminabile.
La Fondazione ha subito aggiornato il sito: 35 borse di studio da 5.000 euro l’anno ciascuna, rinnovabili fino alla maggiore età. Totale: quasi 900.000 euro in cinque anni, coperti interamente da Tadej e dai suoi sponsor personali.
Qualcuno ha provato a creare fake news: “È solo marketing dopo le accuse di doping”.
Ma la storia non ha retto nemmeno 24 ore.
Le famiglie hanno iniziato a pubblicare le lettere di ringraziamento, i disegni, i video dei bambini che urlano “Hvala, Tadej!”.
Una mamma ha scritto: “Matija ha chiesto se può venire a Monaco a portare i biscotti a Tadej e Urška. Dice che vuole conoscere il suo angelo con la bicicletta.” Un’altra famiglia ha condiviso la foto del bambino che, per la prima volta dopo la chemio, è salito sulla bici senza rotelle. Sotto: “Oggi ha pedalato 500 metri. Dice che vuole arrivare al Colle delle Finestre per ringraziare PogaÄŤar di persona.” Persino i tifosi più scettici si sono arresi. Su Reddit, Twitter, Instagram: migliaia di messaggi in sloveno, italiano, francese, inglese. “Non è umano vincere cinque Lombardia di fila e poi fare questo.”
Urška, in un’intervista a RTV Slovenija, ha aggiunto un dettaglio che ha fatto crollare tutti. “Quando ha letto la cartella di Matija è andato in bagno e ha pianto per venti minuti. Non voleva che lo vedessi. Poi è tornato e ha detto: ‘Non esiste che lasciamo fuori anche uno solo’.” La decisione è arrivata dopo il suo 2025 da sogno: Giro, Tour, Mondiali, Europei, cinque Lombardia.
Molti pensavano si sarebbe preso una vacanza lunga. Invece è tornato a casa e ha passato notti intere a leggere le 68 storie.
Un giornalista gli ha chiesto: “Non temi che qualcuno dica che lo fai per pulirti l’immagine?” Tadej ha sorriso, lo stesso sorriso di quando attacca a 100 km dal traguardo. “Chi vuole credere al doping continuerà a crederci. Io so chi sono. E so chi sono questi bambini.”
La sala è scoppiata di nuovo in applausi. Qualcuno in fondo gridava “Pogi! Pogi!” come allo stadio. Lui ha alzato la mano, imbarazzato, poi è andato ad abbracciare le prime famiglie invitate.
Il giorno dopo, il ministro della Salute sloveno ha chiamato personalmente per ringraziare. Le cliniche oncologiche pediatriche di Lubiana e Maribor hanno appeso le sue maglie arcobaleno accanto ai disegni dei bambini.
Qualche hater ha provato a dire che “sono solo soldi”. Ma chi era nella sala sa che non erano soldi. Era il cuore di un ragazzo di 27 anni che, dopo aver conquistato il mondo sul sellino, ha deciso di conquistarlo anche fuori.
E quando gli hanno chiesto se è stata la decisione più difficile della sua vita, ha risposto: “No. La più facile. Come quando attacco sul Galibier e so già che vincerò. Solo che stavolta vincono loro.”
Fine della conferenza. Nessuno voleva andarsene. Rimanevano lì, in silenzio, con le lacrime e il sorriso insieme. Perché a volte anche i campionissimi diventano semplicemente umani. E in quel momento Tadej PogaÄŤar è stato il più grande di tutti.