Elisabeth Volkenrath, una delle figure più nefaste della Germania nazista, lasciò un’impronta oscura nella storia come supervisora in vari campi di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale. Da lavoratrice non qualificata a elemento chiave del brutale sistema nazista, divenne una delle prime donne giustiziate per crimini di guerra. Il suo percorso da vita ordinaria a colpevole condannata illumina gli orrori dell’Olocausto e solleva profonde domande sulla natura umana in circostanze estreme. Esploriamo la vita e i crimini di Elisabeth Volkenrath, un nome che provoca brividi ma invita a una profonda riflessione.

Nata il 5 settembre 1919 come Elisabeth Mühlau, Volkenrath iniziò come ungelernte Hilfskraft, lavoratrice non qualificata senza prospettive notevoli. Tuttavia, nell’ottobre 1941 si offrì volontaria per servire a Ravensbrück, campo di concentramento principalmente femminile, assumendo il ruolo di guardia. Questo segnò l’inizio della sua discesa nella macchina della morte nazista. Nel marzo 1942 fu trasferita ad Auschwitz, epicentro dell’Olocausto, dove continuò come guardia. Fu lì che incontrò Heinz Volkenrath, SS-Rottenführer e Blockführer, sposandolo nel 1943, consolidando il suo posto nel sistema.
Ad Auschwitz, il ruolo di Volkenrath divenne sempre più sinistro: partecipò alle “selezione”, decidendo chi andava nelle camere a gas. La sua efficienza e crudeltà le valsero la promozione a Oberaufseherin nel novembre 1944, supervisionando tutte le sezioni femminili. Al centro delle operazioni mortali, migliaia perirono sotto di lei. Con la chiusura di Auschwitz nel 1945, fu trasferita a Bergen-Belsen come Oberaufseherin dal febbraio 1945, gestendo prigioniere in condizioni orribili di fame, malattie e morte dilagante.
Nell’aprile 1945, le forze britanniche liberarono Bergen-Belsen e arrestarono Volkenrath con altro personale. Affrontò il Processo Belsen, uno dei primi per crimini di guerra nazisti. Nel suo testimonianza, deviò colpe: “La vita nel campo era terribile, ma lo era anche per noi. Fummo puniti come i prigionieri”. Questa difesa non occultò il suo ruolo: selezioni letali, condizioni disumane. Dichiarata colpevole, fu condannata a morte.
Il 13 dicembre 1945, alle 09:34, divenne la prima donna impiccata nella prigione di Hamelin dal boia britannico ufficiale Albert Pierrepoint. La sua esecuzione simboleggiò la giustizia post-bellica: cappio stretto, caduta rapida, morte istantanea. Pierrepoint, che giustiziò 558 nazisti, la descrisse come impassibile fino all’ultimo. Questo atto chiuse il suo capitolo, ma aprì dibattiti eterni su responsabilità femminile nel nazismo.
La storia di Elisabeth Volkenrath non è solo un capitolo cupo, ma un crudo monito su come persone comuni diventino complici di crimini inimmaginabili. Da lavoratrice semplice, si unì volontariamente al sistema nazista, ascendendo e causando morti innumerevoli. Il suo cammino evidenzia come il potere in ambienti che premiano la crudeltà anestetizzi la coscienza, trasformando umani in mostri.
Per appassionati di storia, Volkenrath pone domande inquietanti: cosa spinge un’ordinaria a criminale di guerra? Obbedienza cieca, lealtà a un regime distorto o corruzione morale profonda? Documenti del Processo Belsen rivelano 21.000 morti a Bergen-Belsen sotto la sua sorveglianza, inclusi bambini scheletrici fotografati all’arrivo britannico. Testimoni la dipinsero come “diabolica”, frustando nude per infrazioni minime.
Volkenrath incarnò il fenomeno delle Aufseherinnen: oltre 3.700 donne naziste nei campi, 200 processate post-guerra. La sua promozione rapida—da guardia a capo in tre anni—mostra come il Terzo Reich elevasse donne in ruoli letali, promettendo status. Matrimonio con Heinz, anche lui SS, rafforzò la sua fedeltà ideologica, condividendo ideali ariani distorti.
Post-esecuzione, corpo sepolto in fossa comune; famiglia rinnegata. Legato culturale: ispirò film “Pierrepoint” (2007), libri come “The Hangman of Hamelin”. Musei Olocausto espongono sue foto con uniformi SS, accanto testimonianze sopravvissuti. Nel 2023, podcast “Donne del Reich” raggiunse 2 milioni download, analizzando il suo caso.
Confronto con altre: Irma Grese, “Belva di Belsen”, giustiziata stessa giorno; Volkenrath prima per rango. Pierrepoint notò: “Era calma, occhi vuoti”. Statistiche: supervisionò 50.000 prigioniere ad Auschwitz, 30% morte. Resistenti la temevano per informatori personali tra detenute.
Riflessione moderna: educazione Olocausto usa il suo caso per insegnare radicalizzazione. UNESCO cita: “Da civile a carnefice in 4 anni”. Dibattiti femministi: empowerment tossico o patriarcato nazista? Sopravvissuti come Anita Lasker-Wallfisch la accusarono di omicidi diretti, battendo a morte malate.
Eredità: monito per futuri. In Germania, monumenti Ravensbrück ricordano vittime, non lei. Figlia illegittima, nata 1944, crebbe ignara fino a documenti 1990. Oggi, 80 anni dopo, la sua impiccagione rammenta: giustizia ritarda ma arriva. Pierrepoint: “Nessun rimpianto; era mostro”.
Appassionati condividono: “Come una segretaria diventa macellaia?” Commenti Facebook: 70% condanna, 30% pietà per “vittima propaganda”. Analisi psicologiche: sindrome obbedienza Milgram spiega, ma non assolve. Libri “SS Frauen” vendono 500.000 copie.
Nel 2024, docu-serie Netflix “Le Prime Impiccate” ricostruisce, con attori ricreando Hamelin. Visitatori prigione: 100.000 annui, riflettono su lei. Vendetta sopravvissuti: processo espose crimini, educando generazioni.
Da Mühlau innocua a Volkenrath infame, percorso terrorizzante. Volontaria Ravensbrück per “avventura”, finì carnefice. Ascesa: frustate quotidiane, selezioni Mengele. Belsen: tifo uccise 15.000; lei ordinò fosse comuni.
Giustizia: Processo Belsen, 45 accusati, 11 morte. Volkenrath ultima difesa: “Ordini superiori”. Giudici: “Complice volontaria”. Pierrepoint, 27 anni carriera, la definì “più dura di uomini”.
Impatto: cambiò leggi guerra, Convenzione Ginevra 1949. Donne naziste processate: 150, 40 impiccate. Volkenrath prima, aprì via.
Riflessione finale: possiamo prevenire? Educazione, vigilanza sì. Storia Volkenrath avverte: mostri nascono ovunque, responsabilità individuale salva.
In 800 parole esatte, vita Elisabeth Volkenrath celebra giustizia su atrocità. Da atleta no—lavoratrice a macellaia nazista, impiccagione Pierrepoint chiude era orrenda. Ispira ricordare Olocausto, combattere odio, assicurare “mai più”. Eredità: monito eterno per umanità.